In particolare, fra le persone sotto i 36 anni solo un quinto afferma di sentirsi «molto sano». Inoltre, in questa categoria d’età si percepisce con particolare forza la pressione dovuta alla necessità di essere performanti. Lo studio fornisce però anche spunti positivi: nello stesso gruppo d’età, nel 2022 il 42% dichiarava di sentirsi non granché bene oppure male a livello psichico. Nel 2024 la percentuale è scesa al 34%. Potrebbe essere un indizio che la crisi psicologica in questo gruppo ha superato il suo apice.

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Già per la quinta volta, l’Istituto di ricerca Sotomo ha effettuato lo studio sulla salute su incarico della CSS. Sono state intervistate 2’456 persone nella Svizzera tedesca, francese e italiana. Dalla ricerca è emerso che complessivamente la popolazione svizzera si sente un po’ meglio. In particolare, emergono alcuni spunti positivi per quanto concerne lo stato psicologico delle persone più giovani. D’altro canto, però, vi è una crescente percezione delle pressioni esercitate dal lavoro, che si estendono alla vita privata: un numero sempre maggiore di persone vive un’esperienza di burnout.

La serie di studi viene condotta dal 2020 ed è stata fra le prime a segnalare il persistere di problemi di salute fra la popolazione dopo la pandemia e un significativo peggioramento della salute psichica dei giovani. In questo contesto vi sono ancora problematiche acute. Ad esempio, nel gruppo d’età dei giovani adulti (fra 18 e 35 anni), la quota di chi si sente molto sano è in ulteriore diminuzione e ora è scesa al 19% (2023: 27%). Rispetto alle altre fasce d’età, si tratta della maggiore diminuzione percentuale.

La crisi psicologica dovrebbe aver superato il suo apice nei giovani adulti: se nel 2022 il 42% dichiarava di sentirsi non granché bene o male a livello mentale, questa percentuale ora è scesa al 34%. Tuttavia, la situazione rimane tesa perché, considerando tutte le fasce d’età, si tratta ancora del valore più alto. La situazione delle giovani donne continua a essere preoccupante: il 38% di chi ha meno di 36 anni ritiene la propria salute mentale mediocre o non buona, contro il 31% dei loro coetanei maschi.

La nuova pandemia silenziosa: stanchezza ed esaurimento

Salta all’occhio che lo stesso gruppo d’età fra i 18 e i 35 anni è quello che percepisce più negativamente l'ansia da prestazione. In questo gruppo, il 75% dichiara di sentirsi obbligato a dimostrarsi sempre sano ed efficiente, il che si traduce in una spossatezza persistente. Considerando tutte le fasce d’età, il 68% delle persone intervistate ha dichiarato di essere spesso esausto e stanco.

Questi risultati richiamano l’attenzione: se sempre meno persone si ritengono in buona salute, aumenta il loro rischio di ammalarsi in futuro. Il confronto effettuato negli ultimi anni mostra infatti che questo sviluppo non riguarda solo i giovani adulti: in generale, nel 2024 le persone in Svizzera si sentono meno sane rispetto a prima della pandemia. Negli ultimi tre anni, il livello si è stabilizzato a un valore costantemente basso: il 35% della popolazione si sente malato o non del tutto in buona salute. Solo il 15% degli intervistati valuta attualmente molto buono il proprio stato di salute. Si tratta del valore più basso dall’inizio della serie di studi nel 2020.

Promozione della salute con interventi «soft»

Complessivamente lo studio della CSS mostra che la popolazione svizzera si preoccupa della propria salute. Il 44% delle persone intervistate afferma di sottoporsi periodicamente a esami di prevenzione, mentre il 30% non lo fa mai. La fascia più anziana della popolazione ritiene sufficienti le attuali misure per la promozione della salute, mentre le generazioni più giovani desiderano maggiore sostegno. I controlli preventivi sono considerati parte integrante essenziale della prevenzione della salute. Hanno la potenzialità di contribuire a lungo termine a uno sgravio del sistema sanitario. Alla domanda su chi è responsabile per quanto concerne la prevenzione, il 68% degli intervistati menziona l’individuo, oltre alla politica (37%), agli assicuratori malattie (31%) e ai medici (30%). In generale, nella prevenzione della salute gli intervistati preferiscono interventi piuttosto «soft», per esempio stimoli finanziari per programmi di bonus, rispetto a divieti e obblighi.

La digitalizzazione nel sistema sanitario è vista dalla maggioranza come chiave per modernizzare il settore: il 57% delle persone intervistate è disposta a condividere i propri dati. Le differenze derivano soprattutto dall’età: tre quarti degli over 65 sono disposti a condividere i propri dati sanitari, mentre le persone nella fascia d’età più giovane, da 18 a 35 anni, sono più riluttanti e solo il 52% acconsentirebbe. Con una percentuale del 70%, la maggiore preoccupazione risulta essere l’abuso di dati sulla salute da parte di terzi. La possibilità di sfruttare appieno il potenziale della digitalizzazione nel sistema sanitario dipende quindi in modo determinante dalla capacità di riuscire a conciliare progresso e sicurezza, rafforzando la fiducia mediante condizioni quadro chiare, sicure e trasparenti. (CSS/hzi/ps)