Il 52,38% del capitale rappresentato all'assemblea generale ha optato per la lista presentata da Mediobanca, il maggiore azionista dell'assicurazione, che sostiene Donnet, mentre il 36,85% ha scelto la lista presentata dal campo avverso, presentato dal magnate delle costruzioni Francesco Gaetano Caltagirone.
Negli ultimi tre anni, «abbiamo raggiunto e superato tutti gli obiettivi che ci eravamo prefissati. La posizione di Generali è più forte che mai», ha assicurato Donnet all'assemblea di Trieste, nel nord-est dell'Italia.
All'assemblea era rappresentato il 68,73% del capitale sociale delle Generali, leggermente inferiore al 70,73% registrato tre anni fa.
La lista di Mediobanca avrà dieci membri nel consiglio di amministrazione composto da tredici membri, mentre la lista di Caltagirone potrà nominare tre rappresentanti.
Donnet, un politecnico francese di 64 anni, ha potuto contare sui voti di Mediobanca, che detiene il 13% del capitale, e di alcuni fondi di investimento, soprattutto esteri, che si sono schierati dietro di lui.
La scelta degli azionisti istituzionali, che rappresentano il 32% del capitale, si è rivelata decisiva in questa battaglia. Le due principali società di consulenza per gli azionisti, ISS e Glass Lewis, generalmente molto apprezzate da questi investitori, avevano raccomandato di votare per Donnet.
Allo stesso tempo, il voto ha rafforzato la decisione di Donnet di completare il memorandum d'intesa firmato a gennaio con il gruppo francese Natixis Investment Managers, per creare un colosso europeo della gestione patrimoniale del valore di quasi 1.900 miliardi di euro.
L'accordo è stato contestato da due influenti azionisti delle Generali, Caltagirone (6,9% del capitale) e Delfin, la holding di Leonardo Del Vecchio, il defunto fondatore dell'impero Luxottica (9,9%).
Brandendo la bandiera dell'«italianità», questi investitori onnipotenti temono una perdita di controllo da parte di Generali sul risparmio nazionale in caso di fusione con gli asset francesi.
Questa tesi è smentita da Donnet, che ha ripetutamente affermato che l'alleanza con Natixis «non avrebbe alcun impatto» sul risparmio italiano e sui titoli di Stato.
Sostenuto da Delfin, Caltagirone aveva presentato una lista di sei candidati per il prossimo consiglio di amministrazione e aveva chiesto senza successo agli investitori di bloccare il «dannoso progetto con Natixis».
I ribelli hanno potuto contare sull'appoggio di UniCredit, che ha aumentato la sua partecipazione al 6,5%, ha riferito Bloomberg, aggiungendo che «la seconda banca italiana è favorevole a un cambio di governance in Generali». (awp/hzi/ps)