Secondo una conclusione provvisoria, l'Autorità di vigilanza sui mercati finanziari (Finma), la Banca nazionale svizzera (BNS) e il Consiglio federale non hanno agito, riporta un articolo della Sonntagszeitung.

La commissione d'inchiesta dimostra che sono stati commessi errori «spaventosi», si legge nell'articolo pubblicato domenica. In particolare, alla Finma viene rimproverato di non essersi fatta avanti nel 2022 e di non essere intervenuta a favore del Credit Suisse, che all'epoca era in difficoltà. Da parte sua, l'autorità di vigilanza finanziaria sostiene di non aver avuto i poteri necessari.

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Il rapporto della CPI potrebbe incriminare pesantemente la Finma nel fallimento del Credit Suisse, aggiunge il quotidiano. Il futuro di Marlène Amstad come presidente del regolatore potrebbe essere messo in discussione.

Per quanto riguarda la BNS, il giornale fa riferimento a una perizia dell'ex vicegovernatore della Banca d'Inghilterra, Paul Tucker, che è servita come base per il rapporto «Too big to fail» del Dipartimento delle Finanze in aprile, e che il CPI sostiene. Il rapporto criticava la BNS per aver limitato il sostegno alla liquidità a una banca di importanza sistemica e per aver incluso solo la parte svizzera del Credit Suisse.

Secondo il rapporto, le autorità svizzere erano totalmente impreparate a prevenire o contenere il crollo della grande banca, «anche se i suoi problemi erano evidenti da molti mesi». In termini politici, il principale responsabile è stato il consigliere federale dell'epoca, Ueli Maurer, ministro delle Finanze dal 2015 al 2022.

L'8 giugno 2023, il Parlamento ha istituito la CPI per esaminare la gestione delle autorità coinvolte nella fusione d'emergenza del Credit Suisse con UBS. La commissione d'inchiesta ha tenuto più di 60 audizioni orali e scritte. La CPI intende presentare la sua relazione finale al Parlamento durante la sessione invernale. (awp/hzi/ps)